Inutile negarlo: l’intelligenza artificiale sarà ancora protagonista, nel radar di tutti gli IT manager (grazie alla spinta propulsiva dell’IA Generativa) e capace di permeare le altre tecnologie, dal cloud al data management, con ripercussioni sulla privacy, sulla governance e sul modo di fare innovazione. Anche la figura del CIO sarà trasformata: sconfinerà nelle funzioni adiacenti, ma dovrà aprirsi a forti sinergie con gli altri ruoli.
Nel 2024, le aziende italiane continueranno investire in tecnologia (+1,9% previsto rispetto al 2023) e i CIO metteranno in agenda sempre più progetti che riguardano l’implementazione dell’intelligenza artificiale (IA). Nelle grandi imprese, la spesa si concentra ancora innanzitutto sui sistemi di information security (57%), sulle soluzioni di business Intelligence, per la visualizzazione dati (45%) e su quelle di big data management e data architecture (37%), ma al quarto posto (31%) balzano gli investimenti in artificial intelligence, cognitive computing e machine learning, secondo quanto rilevato dagli Osservatori Startup Thinking e Digital Transformation Academy della School of Management del Politecnico di Milano. Le piccole e medie imprese (PMI) prevedono un aumento degli investimenti tecnologici ancora più alto (+3%, con picchi del +4% nelle medie), grazie al traino della cloud transformation.
“Per l’Italia è un ottimo dato, perché ci dice che le PMI hanno superato lo scoglio ‘culturale’ che prima frenava l’avvicinamento alle tecnologie”, afferma la Professoressa Alessandra Luksh, Direttrice dell’Osservatorio Startup Thinking del Politecnico di Milano. “C’è una convinzione ormai prevalente che le tecnologie informatiche e digitali siano una leva strategica di business”.
E, dunque, si continua a investire nella trasformazione digitale, nonostante le incertezze macroeconomiche e geopolitiche. O forse proprio in risposta a queste incertezze, perché la digitalizzazione aiuta ad affrontare i cambiamenti continuando a innovare. Ecco le tendenze chiave che, secondo gli esperti, i CIO dovranno seguire.
1. L’intelligenza artificiale
L’attenzione verso l’intelligenza artificiale è massima, “con tanti progetti anche in area B2B, e molti incentrati sui co-pilot, come quello di Microsoft, ovvero strumenti che vanno nella direzione di rendere più efficiente il lavoro delle persone, in particolare sui dati”, afferma Roberta Gilardi, CEO di C-Gravity, Phygital Hub di innovazione e centro di competenza che supporta i processi di accelerazione di business e startup.
“È vero che ci sono preoccupazioni sulla privacy, ma non c’è dubbio che uno dei maggiori trend del 2024 sia incentrato sull’IA e su come generare sempre più dati”, dichiara Gilardi.
L’IA sarà pervasiva e disruptive su più fronti. “Il cambiamento avverrà innanzitutto nel modo in cui lavoriamo e nelle competenze ed è qui, in particolare, che bisogna concentrare l’attenzione perché siamo in ritardo”, sottolinea la CEO di C-Gravity. “Anche l’IA generativa è molto interessante per le imprese, ma c’è bisogno di condurre i progetti in modo attento, sperimentando in ambienti safe-risk prima di lanciarli su grande scala e capendo bene in quali ambiti implementarla e perché. Seguire il lavoro delle startup, in ottica di open innovation, sarà molto importante”.
2. Dall’IA Generativa all’Everything-as-a-Service
L’IA Generativa permea le recenti previsioni di “IDC FutureScape: Worldwide CIO Agenda 2024 Predictions”. Questa tecnologia ha ripercussioni molteplici, dal data management, alla sicurezza e all’automazione, fino alla customer experience, e occorrerà un attento bilanciamento tra opportunità e rischi.
“Tanti momenti di discontinuità si sono susseguiti negli ultimi decenni; tuttavia, per la prima volta nella storia dell’innovazione, è alta la sensazione che alcune direzioni si presentino in maniera decisamente dirompente”, afferma Fabio Rizzotto, VP, European Consulting and Custom Solutions, IDC. “Parliamo non soltanto di generative AI, ma del connubio tra le nuove discipline e il contesto macro”.
Secondo IDC, nel 2024 il 65% dei CIO sarà chiamato a rispondere alle pressioni interne ed esterne sperimentando e adottando tecnologie di IA generativa e deep intelligence. Occorrerà, però, valutare attentamente le infrastrutture e architetture in uso in termini di capacità di supportare adeguatamente il potenziale e i benefici attesi da queste iniziative. Entro i prossimi due anni, il 50% dei CIO lavorerà insieme agli altri dipartimenti di business per la costruzione di una strategia coerente sull’intelligenza artificiale, “che consenta di fare evolvere le capacità operative e del lavoro secondo moderni principi di automazione e augmentation”, afferma Rizzotto.
L’IA generativa si metterà alla guida anche di un trend già avviato: l’evoluzione dei modelli di business digitali all’interno del paradigma che IDC definisce “Everything as-a-service”. Questa evoluzione poggia su “un tessuto di tecnologie che trovano un acceleratore incredibile in una generazione di strumenti e approcci emergenti, di cui l’intelligenza artificiale generativa è la capofila”, evidenzia Rizzotto.
3. La privacy nell’era dell’IA
In vista delle implementazioni IA, il CIO dovrà collaborare più strettamente con i manager che si occupano di tutela del dato personale e della compliance, osserva Guido Scorza, Componente del Collegio del Garante italiano per la protezione dei dati personali.
“L’accelerazione dell’ingresso dell’intelligenza artificiale in azienda ha comportato e comporterà una crescente rilevanza delle questioni di protezione dei dati personali in ambiti sempre più trasversali della vita di ogni organizzazione”, afferma Scorza. “L’ingestion di dati personali per l’addestramento degli algoritmi, l’output dei sistemi algoritmici – in particolare quando strumentali all’adozione di decisioni automatizzate -, la progettazione delle soluzioni intelligenti in conformità al principio della privacy by design si avviano a divenire sfide quotidiane per le organizzazioni aziendali”.
E la sfida comincia proprio dai CIO, che “saranno chiamati a condividere sempre di più la propria attività, in un approccio interdisciplinare, con il Data Protection Officer, i privacy specialist e altre figure specializzate”, evidenzia Scorza.
4. L’IA e la data-driven company
Secondo IDC, il 45% dei CIO entro il 2025 riporterà sempre più al centro le strategie di data management, amalgamandole con le iniziative che l’organizzazione porta avanti in tema di sviluppo di cultura incentrata sul dato. Ciò significa, evidenzia Rizzotto, che il lavoro del CIO e la sua collaborazione con le funzioni di business sull’IA dovranno incrociarsi con le iniziative dell’azienda per diventare una Data-driven company – anzi, queste iniziative andranno aggiornate alla luce del variare del contesto e del mercato.
A questa dinamica si legano le evoluzioni previste nelle piattaforme di customer data management. CIO e CMO vedranno maggiori convergenze, spinti dal bisogno di una visione più unificata che avvicini le logiche con cui si concepiscono i sistemi tecnologici abilitanti per i processi di marketing nel quadro del business digitale. Entro il 2026, il 40% dei CIO svilupperà strategie di concerto con i CMO per l’abbattimento dei silos di customer data in favore di una visione unificata di data management.
“Nel sata management”, commenta Scorza del Garante privacy, “assisteremo a un’amplificazione quantitativa e qualitativa delle sfide che ognuno di noi deve affrontare nel proprio ruolo. Queste sfide, se vinte, potranno portare ad opportunità ‘aumentate’, ma, se perse, accresceranno in maniera significativa i margini di rischio per ogni organizzazione, anche e soprattutto sul versante reputazionale”.
5. IA e Cloud. I Cloud Economics
Nel 2023, più del 61% delle imprese in Italia ha investito in servizi di cloud computing (ben sopra la media Ue del 45%), secondo le ultime rilevazioni di Eurostat, l’Ufficio statistico dell’Unione europea. Nel 2024, la crescita del cloud si incrocerà sempre più con quella dell’intelligenza artificiale.
“Il cloud continuerà a strutturarsi come modello sull’onda di nuove migrazioni e di nuovi workload che nasceranno in questo ambiente”, afferma Rizzotto di IDC, e “fornirà alla gen AI il substrato di infrastrutture, architetture e ingegnerizzazione abilitanti. Queste dinamiche, aggiunte all’importanza già attuale delle logiche CloudOps e FinOps, accentueranno in maniera ancora più significativa la strategicità delle politiche Cloud Economics”, ovvero quelle prassi che aiutano le organizzazioni, a mano a mano che spostano i carichi di lavoro sul cloud, a governare i costi e estrarre valore dal modello a consumo.
In particolare, il CloudOps include tutte le misure e tecnologie (tra cui automazione e IA) per gestire la distribuzione, l’ottimizzazione e le prestazioni dei carichi di lavoro e dei servizi IT in esecuzione in un ambiente cloud. Il FinOps definisce più strettamente la disciplina di gestione finanziaria del cloud, unendo tecnologie e cultura.
“CIO, IT Manager e tutta la C-Suite dovranno aumentare la consapevolezza di queste sfide”, indica Rizzotto, “e attrezzarsi per un adeguamento dei processi interni nel quadro di relazioni proficue con l’ecosistema dei provider. L’obiettivo finale è evitare che prevalgano rischi e incertezze sui costi mantenendo il valore dei principi di variabilità e scalabilità, opportunamente controllati e governati”.
6. People and Society. La collaborazione dell’ecosistema
Nel prossimo futuro dell’IT ci sono altre due macro-tendenze su cui punta l’attenzione IDC.
Una prima area è quella che la società di ricerche ha denominato “People and Society” e racchiude – spiega Rizzotto – “elementi che vanno dall’essenza del fare impresa in un pianeta alle prese con una crisi economica, ambientale e sociale, alle sempre più alte attenzioni necessarie nei confronti delle persone nelle loro diverse sfere di espressione: il lavoro, le competenze, la sfera privata o quella sociale”.
La seconda fa da raccordo tra gli aspetti “People and Society” e i rischi dell’operare in scenari incerti e volatili per motivi macroeconomici, geopolitici, regolatori, di sicurezza.
Di conseguenza, l’agenda IT e Business si fa più fitta e interconnessa: “Secondo IDC, il profilo di chi ha responsabilità di guidare e orchestrare questi processi deve consolidarsi attorno a logiche di visione, trasformazione inclusiva, leadership, collaborazione estesa nell’ecosistema, principi ESG (Environmental, Society, Governance)”, afferma Rizzotto.
7. L’extended Reality e le realtà convergenti
Un ulteriore trend per il 2024 evidenziato da Gilardi di C-Gravity è quello della extended reality e della realtà convergente, che istituiscono un collegamento tra realtà fisica e digitale. Queste tecnologie creano una realtà immersiva con immediate applicazioni per la collaborazione e la manutenzione.
“La convergent reality parte da un concetto di evoluzione degli strumenti con cui le persone interagiscono tra loro e con il mondo digitale”, afferma Gilardi. “Per le imprese non sono progetti nice-to-have, ma di miglioramento delle prestazioni intese come formazione, progettazione, produzione e assistenza”.
8. Trasformazione digitale, anzi architetturale
È, tuttavia, prematuro per un’azienda lanciarsi in tecnologie molto avanzate se la sua trasformazione digitale è ancora a metà. Occorre prima portare avanti questo percorso e le integrazioni dei diversi sistemi aziendali senza perdere di vista i processi sottostanti.
“Per esempio, se si vuole implementare la business Intelligence come supporto agli obiettivi aziendali, occorre partire dai dati e, quindi, dalla presenza di piattaforme gestionali, come il CRM, con dati aggiornati”, afferma Gilardi. “Non ha senso aggiungere strati tecnologici nuovi senza la base architetturale”.
Come evidenzia anche Rizzotto di IDC, per ogni implementazione tecnologica avanzata, “Valutare opportunamente i requisiti e gli impatti previsti in termini di computing e di supporto IT sarà cruciale”.
9. La sfida delle competenze
Per il 47% delle grandi imprese italiane, il primo ostacolo alla piena realizzazione della trasformazione digitale è la mancanza di un adeguato livello di competenze digitali all’interno dell’organizzazione, rivelano gli Osservatori Startup Thinking e Digital Transformation Academy del Politecnico di Milano. La seconda maggiore sfida è rappresentata dalla reticenza delle persone ad adottare strumenti e soluzioni digitali per supportare l’attività lavorativa o favorire lo sviluppo di innovazione (44%). Al terzo posto (34%) le aziende citano la difficoltà di attrarre e acquisire dall’esterno professionalità con adeguate competenze matematico-tecnico-scientifiche (STEM) e digitali.
“Questa è una sfida dell’intero Paese”, evidenzia Luksh, “ma intanto i CIO dovranno affrontare la necessità di aggiornare (con iniziative di reskilling e upskilling) le competenze del personale interno, valutando e mappando le competenze presenti e quelle mancanti e studiando i percorsi di formazione insieme alla funzione HR”.
10. L’incertezza, l’innovazione e il “nuovo” CIO
Se è vero che le imprese italiane, secondo i budget previsionali, aumenteranno la spesa in tecnologie (+1,9%), è anche vero, sottolinea Luksh, che la crescita non è brillante e il 2024 si configurerà piuttosto come un anno di mantenimento. “L’atteggiamento è prudente, attendista, anche a causa del contesto economico e geopolitico incerto e della necessità di comprendere meglio le nuove tecnologie. Le imprese le conoscono, le sperimentano, ma nel 2024 vogliono capire, concretamente, come metterle al servizio degli obiettivi aziendali”, afferma l’esperta. Investire deve essere giustificato da un business case.
Anche per questo il 41% delle grandi imprese in Italia ha dato vita alla Direzione Innovazione, che spesso riporta alla funzione IT e nel 27% dei casi ne fa addirittura parte, mentre nell’8% è la funzione IT ad essere inclusa nella Direzione innovazione. È un modello che funziona, secondo Luksh, ma che non deve essere visto come conflittuale rispetto al tradizionale ruolo del CIO e del suo team. I due team devono lavorare in sintonia: la Direzione innovazione si occupa più di scouting, mappatura dei bisogni, progettazione dei POC con le startup e open innovation, mentre il Chief Information Officer e l’IT mantengono le competenze più strettamente tecnologiche e il compito di realizzare, concretamente, le innovazioni.
Il punto è che, man mano che la trasformazione digitale diventa l’essenza stessa dell’impresa, e tutto è innovazione, il CIO allarga il suo ruolo oltre l’IT verso la gestione dei talenti, il coordinamento col business, le questioni di governance e di sostenibilità, addirittura la Customer Experience, ma, al tempo stesso, viene affiancato da nuove figure legate all’innovazione, al raccordo con l’ecosistema delle startup, al change management e alla formazione. È una sorta di economia circolare dei ruoli manageriali, che, da un lato, hanno maggiore bisogno di specializzazione e, dall’altro, sono chiamati ad abbattere tutti i silos del passato.
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